Juve e Toro raggiungono gli obiettivi dopo una stagione travagliata
I bianconeri centrano al fotofinish la qualificazione alla Champions, i granata blindano la salvezza
Tutto è bene quel che finisce bene, come recita il detto popolare. Juventus e Torino chiudono una stagione travagliata, fatta di troppe ombre e poche luci, portando a casa il "minimo sindacale" dei rispettivi obiettivi col desiderio di voltare in fretta pagina e proiettarsi sulla prossima annata, in cui sarà necessario cambiare registro su ambo i fronti per tornare a livelli consoni alla tradizione e al blasone delle due società.
Congedo dal campionato con un sorriso stiracchiato per le due portacolori del calcio sotto la Mole, al termine di una settimana che non ha lesinato emozioni. Salvezza rocambolesca per i granata, attanagliati dal timor panico nel recupero dell'Olimpico di Roma contro la Lazio. Le ruggini del confronto "fotocopia" di Juventus-Napoli, disputato al termine di tutta la trafila della giustizia sportiva appena in tempo per garantire la regolarità del torneo e l'importanza della posta in palio hanno bloccato la squadra di Nicola (nella foto di www.torinofc.it la sua esultanza al termine di Lazio-Torino 0-0) di fronte ad una Lazio arrembante e col dente avvelenato.
Una volta tanto in soccorso del Vecchio Cuore Granata è arrivata la dea bendata, sotto forma del gol annullato a Immobile nella prima frazione e dei due clamorosi pali centrati nel convulso epilogo vietato ai deboli di cuore dallo stesso attaccante campano dal dischetto e da Lazzari di testa dopo una "cravatta" di Bremer a Muriqi passata inosservata anche al VAR. In precedenza la fortuna si era divertita a negare al contropiede di Sanabria (altro legno) il sigillo della salvezza torinista.
Strappato con le unghie e con i denti (e successiva coda polemica fra dirigenti in tribuna e via social) il punto che certificava la permanenza nella massima categoria, il Toro riceveva domenica il Benevento con la mente sgombra da ogni pensiero. La gara che avrebbe potuto rappresentare uno spareggio-salvezza era diventata infatti un'amichevole di fine stagione svuotata di ogni interesse.
Lasciati rifiatare in partenza Sirigu e Belotti, i granata cedevano l'iniziativa ai volitivi campani, ma erano cinici a concretizzare con Bremer sfruttando l'uscita a vuoto di Manfredini. Dopodiché amministravano il vantaggio senza correre rischi, ma avevano il torto di non chiudere la contesa vanificando due buone opportunità con Zaza e a poco più di un quarto d'ora dal termine incassavano il pareggio della Strega con il colpo di testa di Tello, che faceva breccia nella distratta retroguardia di casa. Nel finale si registravano ancora le fiammate di Belotti (nell'occasione il portiere giallorosso si riscattava) e di Singo (non impeccabile l'inzuccata dell'esterno respinta dalla traversa), ma il risultato non cambiava più per un salomonico pareggio che forse accontenta nessuno.
Ora per il Toro è tempo di voltare pagina. Primo nodo da sciogliere la conferma o meno di mister Nicola (candidato numero uno a sostituirlo Juric), poi la volontà di resistere alle sirene tentatrici per Belotti. Ma il punto di partenza di una stagione futura che si riveli meno sofferta e riservi finalmente qualche soddisfazione, dovrà essere la costruzione di una rosa completa e con giocatori funzionali in ogni reparto, soprattutto dotati di quella personalità e determinazione troppo spesso mancate quest'anno.
Resurrezione bianconera (grazie anche ai passi falsi altrui) nel giro di quattro giorni. Arrivata da sfavorita alla finale di Coppa Italia contro l'Atalanta champagne, la Vecchia Signora ha ritrovato il suo spirito e il suo cinismo, conquistando con pieno merito il suo quattordicesimo trofeo della coccarda tricolore. Patita la prevedibile partenza a mille dei comunque poco concreti orobici, gli uomini di Pirlo li punivano in contropiede, incassavano il ritorno avversario (uguale il metro di giudizio usato dall'arbitro Massa nelle azione delle due reti, qualche dubbio in più sulla non punibilità del precedente contatto in area fra Rabiot e Pessina) e salivano in cattedra nella ripresa dominando sul ritmo e nella solidità difensiva, mentre i bergamaschi, poco avvezzi agli imprevisti e alle variazioni sul tema, calavano a vista d'occhio non riuscendo più a rendersi pericolosi dopo l'acuto decisivo di Chiesa.
"Fino alla fine" recita il motto dei suoi tifosi, e Madama riusciva a spuntarla di un'incollatura nella volata per un posto in Champions League, grazie anche alla determinazione del coriaceo Verona e al suicidio sportivo del Napoli, ancora una volta afflitto dal "braccino" e venuto meno nel momento cruciale. L'aspetto più importante emerso dalla goleada contro lo sparring partner Bologna è stata l'estrema fluidità di gioco con rapidità nelle azioni, verticalizzazioni ed efficacia degli inserimenti emersa da uno schieramento che rinunciava a Cristiano Ronaldo. L'esclusione del capocannoniere portoghese, la cui presenza è stata troppo spesso un fardello condizionante per i compagni e sotto il profilo tattico, ha finito per giovare alla squadra, che ha ritrovato brillantezza e coralità.
Lo spinoso dilemma passa ora alla dirigenza, che dovrà valutare se chiudere anzitempo il rapporto col lusitano liberandosi di un ingaggio stratosferico ed affidarsi ad un vero centravanti meno esoso dal punto di vista economico e più funzionale alla manovra della squadra, oppure insistere ancora sul suo fuoriclasse a rischio di condizionare le scelte e il modo di giocare delle sue "spalle".
Necessari anche una revisione del centrocampo, dove quasi tutti i componenti hanno reso al di sotto delle aspettative ed in cui manca come il pane un elemento in grado di dettare i tempi, ed un ringiovanimento del reparto arretrato, mentre dovrà essere trovata la collocazione ideale a fare rendere al massimo Dybala (a meno che non venga sacrificato sull'altare del bilancio), Chiesa e Kulusevski.
In ultimo, o forse il primo da affrontare, il tema della panchina. Pagato lo scotto all'inesperienza, Pirlo sembra avere completato la gavetta, adattando il suo credo tattico alle caratteristiche dei giocatori e riuscdendo alla fine a portarli dalla sua parte a differenza di quanto avvenuto con Sarri. Le due coppe nazionali e l'essere rimasti nell'Europa che conta non sono un bottino disprezzabile, ma non danno la sensazione di avere salvato senza ripensamenti la stagione dei bianconeri e del suo tecnico. La razionalità vorrebbe che a Pirlo fosse concessa una prova d'appello per proseguire nel progetto di crescita, magari con una rosa la cui costruzione sia condivisa con lo stesso allenatore. I fantasmi di Zidane e Allegri però aleggiano e la tentazione di un'ennesima rivoluzione, specie se la proprietà interverrà a coprire il passivo di bilancio, è forte. Dalla scelta del timoniere, al netto delle possibili sanzioni della UEFA per l'abortita Superlega, dipenderà l'abito che indosserà la Vecchia Signora nella prossima stagione.