Vittorie preziose per Juve e Toro nel 30° turno di serie A
Lo spettacolare e combattuto derby prepasquale sembra aver dato il giusto impulso alle due torinesi, che ritrovano continuità (seppur tra qualche evitabile sofferenza) e incassano tre punti a testa pesantissimi che li avvicinano ai rispettivi obiettivi stagionali.
Di platino quelli conquistati dal Toro a Udine nell'anticipo del sabato sera. Rinfrancata dall'aver fermato i "cugini" nella stracittadina sfiorando anche il colpaccio, la squadra di Nicola ha messo in luce in Friuli tutta la ritrovata fiducia nei propri mezzi. In una gara scorbutica, dove bisognava innanzi tutto far leva sulla concentrazione e commettere meno errori possibili, i granata (in inedita tenuta da trasferta color acqua marina) hanno inaridito le fonti di gioco dell'Udinese colpendo con cinismo di rimessa, sofferto senza sbandare nei frangenti più delicati, e portato a casa un successo meritato quanto fondamentale nella corsa salvezza, allungando sulle rivali Cagliari e Parma uscite con un pugno di mosche in mano dalla tornata di campionato.
Fatta eccezione per l'incomprensione con Buongiorno che ha rischiato di regalare a Molina il più facile dei gol, Milinkovic-Savic si è rivelato sostituto all'altezza di Sirigu, mentre i compagni di reparto hanno lasciato pochi spazi alla boa Llorente e alle incursioni di Pereyra. A centrocampo, indovinate le mosse tattiche di far gravitare Rincon nella zona del temuto De Paul per limitarne il raggio d'azione e di schierare Verdi come mezzala, supportando l'ormai solita lucida regìa di Mandragora, elemento che continua a coniugare qualità e quantità. Annotato il prezioso lavoro sugli esterni (specie in fase di contenimento) di Vojvoda e Ansaldi, diventavano protagoniste nell'economia della partita le due punte: Sanabria per la generosità nel compiere il lavoro "sporco" e capitan Belotti che, da vero leader, si caricava sulle spalle la squadra facendola rifiatare dopo esserci procurato ed aver trasformato con freddezza il rigore decisivo.
Fatti correre un paio di brividi lungo la schiena dei bianconeri di casa con il colpo di testa mancato da distanza ravvicinata dal paraguaiano e la conclusione deviata del cursore venezuelano, il Toro reggeva il crescendo dell'Udinese a cavallo dei due tempi e dopo un'ora di gioco piazzava il colpo vincente dal dischetto (nella foto Belotti nel momento della battuta del penalty da www.torinofc.it ) capitalizzando al meglio un pregevole schema su calcio piazzato.
Una volta sbloccato il risultato, la squadra di Nicola aveva il merito di mantenere la concentrazione, amministrando con lucidità il vantaggio. Pochi i rischi corsi in difesa, mentre i torinisti rifiatavano con ficcanti trame manovrate sfiorando in più di un'occasione il raddoppio e legittimando un successo che fa guardare con più serenità al prossimo impegno casalingo contro la Roma.
Anche la Juventus, pur tra qualche sbadataggine di troppo, sembra aver cambiato faccia. L'attesa reazione è arrivata già dal recupero della "partita infinita" contro il Napoli, in cui la squadra Pirlo ha aggredito l'avversario col piglio giusto, ritmi alti e concrete verticalizzazioni, colpendo in maniera letale in avvio di partita e attorno alla mezz'ora della ripresa. In una prova nel complesso positiva spiccavano l'irrefrenabile esuberanza di Chiesa e la giocata artistica del redivivo Dybala. Unico neo il calo di tensione nel finale che regalava ai partenopei il punto della bandiera e ai bianconeri un evitabile finale di sofferenza.
Il copione si ripeteva domenica contro il Genoa, gara nella cui prima frazione di gioco si assisteva ad un convincente monologo juventino, in passato troppo spesso solo accennato, specie contro le formazioni della parte destra della classifica. Intensità, voglia di riconquistare la palla proponendosi subito all'offensiva, interscambi e sovrapposizioni scanditi quasi col metronomo, concentrazione negli anticipi e nelle chiusure difensive e concrete verticalizzazioni, annichilivano i rossoblù liguri fruttando un inequivocabile doppio vantaggio che portava i sigilli (utili anche e soprattutto per il morale) di Kulusevski e Morata.
La disperata chiusura di Szczesny su Scamacca prima del riposo suonava come campanello d'allarme e nella prima mezz'ora della ripresa la partita cambiava completamente volto con i bianconeri che rivedevano i fantasmi del recente passato. La sostituzione dell'ammonito Cuadrado (il migliore in campo assieme a Chiesa, De Ligt e Bentancur) con l'evanescente e svagato Alex Sandro minava gli equilibri della squadra, che andava in crisi sulle fasce laterali dove imperversavano i subentrati genoani Ghiglione e Pjaca. La squadra di Pirlo, peccando di nuovo di superficialità, lasciava concentrazione e determinazione negli spogliatoi, faceva la figura delle "belle statuine" sul colpo di testa di Scamacca che riapriva la partita, abbassava pericolosamente il ritmo e finiva in balìa del rinvigorito Grifone, venendo anche graziata dal clamoroso errore sotto misura del croato, che mancava il gol dell'ex.
I disimpegni fuori misura e i contropiedi gettati al vento in superiorità numerica tenevano in bilico il risultato sino all'inserimento vincente di McKennie, che beffava la linea difensiva avversaria e faceva tirare un grosso sospiro di sollievo alla Vecchia Signora. Nell'ultimo quarto d'ora, con la squadra di Ballardini ridotta in dieci dall'infortunio di Zappacosta una volta esauriti i cambi a disposizione, gli uomini di Pirlo addormentavano la gara tra l'egoistica ostinazione nel cercare la rete di un Ronaldo ancora una volta fuori giri e mettevano in tasca i tre punti. Domenica prossima, nella sfida Champions in casa dell'Atalanta, sarà però necessaria una prestazione priva di sbavature per continuare la corsa verso il pass per la coppa dalle grandi orecchie.