Gol ed emozioni nel derby della Mole: pari nella sfida tra Toro e Juve
Il Toro torna a fare il Toro, affronta il derby con lo spirito da Vecchio Cuore Granata e sfiora l'impresa mettendo alle corde una Juve senz'anima, irriconoscibile e sempre più prigioniera delle proprie contraddizioni, che evita in extremis l'ennesima figuraccia stagionale ma scherza pericolosamente col fuoco per quanto riguarda la qualificazione alle prossime coppe europee.
La stracittadina pre pasquale, per come è stata affrontata dalle due squadre e per il suo dipanarsi, ha riportato alla memoria dei tifosi meno giovani le sfide dei profondi Anni '70. Avvio pimpante dei bianconeri, che grazie ad un ritmo più brioso rispetto a quello soporifero delle recenti esibizioni, allo sfruttamento delle corsie esterne ed alle verticalizzazioni sempre troppo poco praticate in questa stagione, sono andati per tre volte vicini al vantaggio sino ad ottenerlo con Chiesa, penetrato come la lama di un coltello nel burro della troppo tenera difesa granata beffando Sirigu.
Dopodiché la Juve staccava con presunzione la spina mentre il Toro cresceva, faceva leva sul suo ritrovato ardore agonistico, vinceva quasi sempre i confronti diretti nella zona nevralgica del campo arrivando prima anche sulle seconde palle, e sfruttava impietosamente la superficialità e gli errori degli avversari nella cura dei dettagli, come ha testimoniato in maniera emblematica l'azione del pareggio di Sanabria, in cui l'immobilismo da belle statuine farfallone della difesa juventina ha fatto il paio con la caparbietà dell'attaccante torinista.
Incanalata sui binari dell'equilibrio fino all'intervallo, la partita, come accadeva spesso nei primi Anni '70, ha vissuto in apertura di ripresa quella che si sarebbe potuta rivelare la svolta decisiva. Attori in questo caso l'incredibile dabbenaggine della squadra di Pirlo e la cinica determinazione della punta paraguaiana di Nicola, che scartava e faceva un sol boccone del gustoso uovo di cioccolata gentilmente offerto dalla sciagurata accoppiata Kulusevski-Szczesny (non nuovo l'acerbo talento svedese a simili errori di concetto), riportando alla mente i regali della retroguardia di Madama che Pulici non si faceva pregare a trasformare in gol.
Il copione, in apparenza già scritto secondo i corsi e ricorsi storici, portava i tifosi granata a pregustare il colpaccio: la Vecchia Signora si riversava in avanti con foga e forza della disperazione, cercando sì di sfruttare il campo in tutta la sua ampiezza, ma senza la necessaria lucidità. Sirigu vestiva i panni del novello Giaguaro Castellini e il fortino granata sembrava reggere. A tradire il Vecchio Cuore granata erano però il calo fisico e il pacchetto arretrato, fino a dieci minuti dalla fine impeccabile ma ancora una volta privo della qualità necessaria a reggere una pressione intensa e continua (vedi quanto già accaduto nella partita interna contro l'Inter). Il tocco d'opportunismo di Cristiano Ronaldo, certificato dal VAR, dissolveva l'incubo per la Juve e lasciava il Toro con molto amaro in bocca, mentre nell'epilogo vietato ai deboli di cuore i portieri diventavano protagonisti, negando ai bianconeri l'ennesima vittoria beffarda nella stracittadina ed a Sanabria di entrare a pieno diritto nella galleria granata degli eroi da derby.
Se la squadra di Nicola da un lato ha di che rammaricarsi per aver visto sfuggire un successo che manca da sei anni (oltretutto una sola affermazione torinista nella quaresima prolungata delle ultime ventisei stagioni) e che mai come in quest'occasione era parso alla portata, dall'altro può rallegrarsi per la continuità di rendimento di Sirigu e Bremer, l'incisività di Ansaldi, un centrocampo meglio assortito dove Mandragora sembra aver definitivamente preso in mano il controllo delle operazioni e il fiuto del gol di Sanabria, partner ideale per sgravare le spalle di Belotti dal peso dell'intero reparto offensivo. Da rivedere Izzo e Vojvoda, spesso in difficoltà, e Verdi, più utile in fase di contenimento che non come ispiratore delle punte. La frenata delle concorrenti alla salvezza unita al pareggio e al ritrovato spirito mostrato nel derby, prospettano squarci di sereno nell'orizzonte del Torino, chiamato a confermarsi già dalla trasferta di sabato sera a Udine.
Sul fronte juventino poche note liete e un cielo oscurato da nubi sempre più nere. A salvarsi nella stracittadina solo l'abnegazione di Chiellini e De Ligt, qualche strappo di Cuadrado e la generosa freschezza di Chiesa. Sotto la sufficienza il resto della squadra, che non sembra più in grado di mantenere la concentrazione e mettere in campo la determinazione per portare a casa anche solo gli obiettivi minimi. L'azzardo di Pirlo in panchina non ha pagato (in merito le responsabilità sono diffuse a 360°), la dirigenza stenta a ritrovare la bussola dopo averla smarrita, il recupero di mercoledì con il Napoli e la finale di Coppa Italia contro l'Atalanta a maggio hanno l'aspetto dell'ultima scialupa di salvataggio, molto difficile da afferrare, prima di affondare nel mare di un disastro sportivo ed economico.
Fotografia: www.torinofc.it