La Juve vince nel ricordo di Anastasi, Toro ribaltato dal Sassuolo
Dopo lo spumeggiante intermezzo di Coppa Italia contro l'Udinese la Juventus piega soffrendo più del dovuto un indomito Parma, approfitta del mezzo passo falso dell'Inter a Lecce (anche per Conte vale il detto "nessuno è profeta in patria") e dà vita al primo vero tentativo di fuga al comando del campionato, mentre il Torino incappa nell'ennesima serata interlocutoria della sua altalenante stagione, si fa rimontare dal Sassuolo e fallisce ancora una volta il tanto atteso salto di qualità.
Emozioni ed umori sempre contrastanti per il calcio sotto la Mole. Nell'antipasto del sabato il Toro sembrava inizialmente dare continuità ai progressi di rendimento mostrati contro Roma e Bologna. Anche di fronte ai neroverdi emiliani la squadra di Mazzarri approcciava la gara con buona personalità e il lampo di Rincon che propiziava l'autorete di Locatelli regalava un meritato vantaggio mettendo la partita in discesa. Proprio sul più bello, i granata tornavano però ad essere vittime della loro traballante personalità venendo traditi da un eccesso di sicurezza. Troppo presto convinti di aver definitivamente indossato l'abito della squadra matura, Belotti e compagni commettevano il peccato capitale di non chiudere la pratica (gridano vendetta l'occasione sciupata dal capitano e, soprattutto, quella gettata alle ortiche da Verdi). La saracinesca Sirigu permetteva al Toro di tornare dall'intervallo ancora avanti, ma il campanello d'allarme non veniva ascoltato e invece di insistere alla ricerca del colpo del kappaò gli uomini di Mazzarri cominciavano ad arretrare pericolosamente (e con un pizzico di presunzione) il baricentro, forse convinti di potere amministrare il risultato senza correre eccessivi pericoli.
La magia di Boga li stordiva ed i granata uscivano dalla partita divenendo inspiegabilmente passivi e poco reattivi, come testimonia lo sviluppo dell'azione che ha portato Berardi a ribaltare l'incontro. Riaccesa la luce, il Toro tornava a caricare, ma la sfortuna (traversa di Millico, talento interessantissimo e meritevole di maggior spazio) e l'imperizia balistica (colpo di testa di Laxalt da posizione ideale) condannavano i granata rientrare da Reggio Emilia senza nulla in mano, interrompendo la striscia positiva e col grosso rammarico di avere gettato al vento una partita che stringevano in pugno, compiendo ancora una volta il passo del gambero.
Preceduta dal commovente ricordo di Pietro Anastasi (l'Allianz Stadium unico campo in Italia nel fragoroso silenzio di Lega Serie A e Federcalcio che hanno dimenticato di onorare la memoria di un grande del calcio azzurro), la Juventus si sedeva con l'acquolina in bocca al banchetto che aveva come portata principale il per nulla tenero Parma. Riproponendo un canovaccio ormai consolidato, gli uomini di Sarri "ruminavano" gioco e possesso palla occupando stabilmente la metà campo emiliana. Spazi intasati, accorte chiusure difensive dei ducali e ritmi che a tratti rasentavano il soporifero complicavano la "digestione" della Vecchia Signora e il boccone veniva mandato giù solo grazie allo spunto individuale di Cristiano Ronaldo aiutato dalla fortuna materializzatasi sotto forma del fondoschiena di Darmian che deviava il pallone spiazzando Sepe (fotografia: il bianconero.com).
Una volta passati in vantaggio, i bianconeri incappavano negli stessi errori commessi poco più di ventiquattrore prima dai "cugini" granata: ovvero mancanza di concretezza e distrazione. Ramsey non metteva l'ipoteca sull'incontro prima dell'intervallo, Danilo, complice il tocco in allungo del portiere gialloblù che mandava la palla sul montante, lo imitava in apertura di ripresa e la difesa, tornata in versione belle statuine sui calci piazzati, permetteva a Cornelius l'imperioso stacco di testa in terzo tempo che fruttava a sorpresa il pareggio parmigiano.
Il pressing alto combinato alle qualità individuali sublimate dall'implacabilità di Ronaldo (prosegue il ritrovato momento di grazia del portoghese) riportavano per sua fortuna presto avanti la Juve, ma l'ultimo quarto di gara era per i tifosi bianconeri un misto fra attentato alle coronarie e travaso di bile. La squadra di D'Aversa non si dava per vinta e con rapide manovre aggiranti metteva in crisi una difesa juventina sempre più incapace di difendere "basso", tenuta in piedi dalla maiuscola prestazione di De Ligt. Il centrocampo (da segnalare la concretezza di Matuidi e la crescita lenta ma continua di Rabiot) faticava oltremodo a fare filtro e a ripartire tenendo alta la squadra, mentre in attacco non arrivava la stoccata della tranquillità nonostante le rotazioni nel tridente offensivo che causavano un nuovo muso lungo all'ispirato Dybala.
Il triplice fischio sanciva però l'ennesima vittoria stagionale della Juventus, che appena doppiata la boa di metà campionato si ritrova a guardare dall'alto la prima inseguitrice con quattro lunghezze di vantaggio. La strada verso la riconferma tricolore, soprattutto in una lotta a tre con Inter e Lazio destinata a risolversi in volata, passa anche attraverso vittorie "sporche" e sofferte dove far emergere il carattere e l'esperienza di una squadra "condannata" ad affidarsi allo straordinario potenziale tecnico dei propri campioni per sopperire all'eccessivo numero di reti incassate.