La Juve sbanca Bergamo, Toro in crisi d'identità
La Juve continua a ballare da sola in vetta alla classifica al ritmo di un tango argentino in HD che continua a risolverle, assieme all'interpretazione arbitrale del regolamento, problemi ormai diventati strutturali; Toro da profondo rosso, impaurito, privo di personalità e relegato sempre più all'anonimato, “matato” tre volte dal torero Conte in scintillante abito nerazzurro, ma sempre vera e propria bestia (bianco)nera dei granata.
Ancora un turno di campionato dai volti opposti per le torinesi. Sul campo minato di Bergamo (foto di Bergamo News) la banda di Sarri approccia per un quarto d'ora nella maniera giusta la gara provando a suonare la melodia cara al suo tecnico, ma l'ennesimo episodio pallavolistico nella sua area scatena il furore della Dea, che dopo aver sciupato il rigore del vantaggio prende in mano le redini dell'incontro e la mette sotto per un'ora.
Di fronte al ritmo asfissiante e al pressing indiavolato degli orobici i bianconeri vanno in crisi soprattutto sulle fasce laterali, dove non riescono a contenere le combinazioni avversarie, e a centrocampo, i cui interpreti vengono sovrastati dal dinamismo nerazzurro dando spazio a rapide verticalizzazioni potenzialmente letali.
Altre note negative l'eccessiva imprecisione negli appoggi in uscita dalla retroguardia e in fase di impostazione della manovra ed un nervosismo difficilmente giustificabile per campioni di tale livello. Solo le impeccabili prestazioni di Szczesny tra i pali e della coppia centrale difensiva Bonucci-De Ligt, finalmente solida e convincente, tengono a galla la Signora fino alla rete del meritato quanto inevitabile vantaggio atalantino.
Colpita, Madama dimostra però di avere doti di ottimo incassatore unite ad una personalità e ad un cinismo con pochi eguali. Rimane in partita con pazienza senza scoprirsi e non offrendo il fianco ai devastanti contropiedi bergamaschi che avrebbero potuto chiudere l'incontro e sfrutta al meglio le qualità e le doti balistiche di Higuain e Dybala, coppia d'attacco sempre più affiatata ed al momento imprescindibile, con buona pace di Cristiano Ronaldo.
L'applicazione fiscale del regolamento da parte dell'arbitro Rocchi e dei suoi colleghi al VAR le agevola il compito e l'Atalanta (parafrasando la metafora di Guardiola) viene trasformata senza accorgersene da dentista in paziente, pagando un conto salatissimo ad una Juve che pur non brillando e rischiando oltre il dovuto continua a guardare tutti dall'alto.
Unica a reggere il ritmo l'Inter, che passeggia sui resti di uno sconcertante Torino. Nella circostanza la truppa di Mazzarri fornisce una delle sue peggiori prestazioni stagionali. Resta in partita solo nei primi minuti puntando su un possesso palla nella metà campo avversaria volitivo quanto inefficace su un terreno ai limiti della praticabilità, senza i cambi di velocità e le verticalizzazioni necessarie. Privati per infortunio del loro condottiero Belotti, i granata si sciolgono come neve al sole, palesando in maniera imbarazzante carenze e problemi che li affliggono da inizio stagione.
Da sottolineare con la matita blu le distrazioni difensive che regalano i primi due gol ai nerazzurri, inesistente la creazione della manovra, non pervenuti Zaza e Verdi in attacco, colpevolmente ostinata la ricerca del gioco su un campo pesantissimo a differenza degli avversari, che con una difesa granitica amministravano agevolmente il vantaggio e colpivano implacabilmente in contropiede omaggiando e capitalizzando ancora una volta il sempre attuale pragmatismo del calcio all'italiana.
Grossi problemi di personalità per il Torino, il cui gruppo sembrava scollarsi con il passare dei minuti, mentre sfiducia e scoramento crescevano di pari passo con i fischi e la contestazione dei tifosi, che dopo avere immaginato in estate una stagione costellata di soddisfazioni si trovano a dover fare di nuovo i conti con un'annata avviata ad uno scialbo anonimato, senza segnali di risalita visibili all'orizzonte.