Terza giornata di campionato deludente per Juve e Toro
Il Toro torna con piedi per terra. Juve, nebbia fitta. Terza giornata di campionato all'insegna dell'amarezza per le due squadre della Mole, dove sembra essersi spenta la luce, con la corsa in vetta che subisce una brusca frenata e lascia l'Inter sola a guardare tutti dall'alto.
Iniziamo dal rocambolesco posticipo del lunedì, che ha visto i granata inciampare a sorpresa tra le mura amiche di fronte al Lecce, insidiosa matricola cui lo zero in classifica prima del fischio d'avvio non rendeva merito al gioco finora espresso. Partenza troppo compassata quella della squadra di Mazzarri, i cui ritmi non elevati uniti al poco incisivo movimento del reparto offensivo favorivano l'opera di contenimento e rilancio dei pugliesi, che alla prima occasione utile castigavano con Farias la retroguardia torinista, apparsa, non solo nella circostanza del primo svantaggio, meno reattiva a concentrata di altre occasioni.
Sfuriata da cuore granata ad inizio ripresa sino al rigore del pareggio di Belotti, poi il Toro, in palese calo atletico, non riusciva più a ritrovare le energie fisiche e la lucidità mentale per fare sua la gara (anonimo l'esordio di Verdi) ed anzi subiva il gioco razionale e ficcante della sempre propositiva squadra di Liverani, che sfociava nella rete del nuovo sorpasso siglata da Mancosu (ingresso determinante assieme a quello di Babacar ed alle giocate del fantasista Falco) e in un finale di gara in assoluto controllo, dove i giallorossi sfioravano anche il terzo centro.
Sorretti dai nervi più che dalla testa gli ultimi assalti granata, sino al “giallo” in pieno recupero, quando l'arbitro Giua, nonostante un lunghissimo e titubante consulto con il VAR, non se la sentiva di indicare un'altra volta il dischetto per un placcaggio su Belotti sembrato molto più netto di quello subito da Zaza che aveva portato alla concessione del primo rigore, mettendo la parola fine alla partita. Archiviato il passo falso, la squadra di Mazzarri dovrà cercare di riprendere il cammino già dalla prossima delicata trasferta in casa della Sampdoria.
Capitolo Juventus. Terza partita consecutiva, su altrettante giornate di campionato disputate, in cui l'unica cosa buona è stato il risultato. Bianconeri irriconoscibili sia per l'anacronistica divisa da trasferta indossata, sia per la disarmante pochezza espressa in campo nella gara che dopo 560 giorni li ha visti perdere la vetta della classifica.
Di fronte ad una Fiorentina dinamica, determinata, generosa e animata dal consueto spirito di rivalsa, ma “spuntata”, impalpabile e colpevolmente imprecisa in fase conclusiva, i bianconeri hanno messo in scena il nulla; se avessero trovato sulla loro strada un avversario più fortunato e cinico saremmo ora a celebrare una clamorosa quanto meritata vittoria viola.
Difesa superficiale e imprecisa, a partire dagli svarioni di Szczesny, passando per le insicurezze di De Ligt solo in parte tamponate da Bonucci e il posizionamento spesso errato di Danilo e Alex Sandro, presi sovente in mezzo dagli avversari; centrocampo privo di idee e sovrastato sul ritmo da quello fiorentino (a quanto pare i giocatori di casa non hanno risentito, con buona pace di Sarri, degli oltre trenta gradi avvertiti sul rettangolo del “Franchi”); attacco assente e svogliato che ha vanificato, a differenza di quanto accaduto nel recente passato, anche le poche opportunità da rete avute.
Se su questo telaio di partenza già poco edificante si innestano i due nuovi infortuni muscolari occorsi a Douglas Costa e Pjanic, la condizione fisica ancora carente in quasi tutti gli effettivi e un'identità enigmatica e tutta da costruire (non è più la Juve “brutta e risultatista” di Allegri, ma neanche quella auspicata propositiva e “prestazionista” di Sarri), appare chiaro come l'insipido brodino sorbito a Firenze sia un punto guadagnato.
Il compito che attende il tecnico toscano a partire dalla trasferta di Champions di mercoledì si preannuncia arduo: la rosa, complici anche opinabili scelte di mercato, comincia a rivelarsi corta specie in alcuni reparti (forse questo potrebbe evitare al mister qualche spinoso dubbio nelle scelte), mentre gli scontenti da tenere a freno e gestire sembrano aumentare giorno dopo giorno. L'imperativo è ora quello di serrare le fila, perseguire una chiara linea tecnico-tattica e fare assimilare alla squadra il proprio “credo” calcistico in tempi possibilmente non biblici, nella speranza di non aver già dilapidato troppi punti (in Italia e in Europa) al momento di entrare in forma.