La lezione arriva dal Sol Levante
In settimana ha fatto notizia l’immagine catturata alla Coppa Scireain svolgimento a Gravina, dove dopo una gara della kermesse della compagine giapponese Under 16 dell’Urawa Gakuin, gli stessi ragazzi della squadra nipponica si sono messi a pulire la tribuna. Immagini che hanno fatto il salto virale e sociale inneggiando ad un gesto incredibile di fair-play che però proprio tale non è. Ma semplicemente la realtà quotidiana per quei ‘marziani’ di giapponesi. Sì perché in Giappone, a scuola così come in tutte le discipline sportive, i ragazzi e bambini, sono abituati a ‘tenere pulito’ l’ambiente che frequentano. Prima e dopo. A scuola ‘addirittura’ si occupano di spazzare, servire la merenda e perfino di pulire i bagni dell’istituto, come parte del piano di formazione. Sulla base di una pratica conosciuta come o-soji. La pratica del o-soji, che a molti di noi potrebbe sembrare quasi una forma di ‘sfruttamento’ infantile (e siamo pronti a scommettere che se succedesse in qualsiasi squadra nostrana…), per i genitori e gli insegnanti giapponesi è una parte importante della formazione dei bambini e degli adolescenti. Dagli 8 anni di età fino ai 16, gli studenti giapponesi sono incaricati di mantenere pulita la scuola così come gli spogliatoi della disciplina che svolgono (calcio, basket o altro). E nessuno si lamenta, perché è stato sempre così: i lavori di pulizia non sono un castigo, ma un dovere di tutti. Non si pensi che nelle scuole del Giappone non ci sia il personale addetto alle pulizie ma far partecipare i bambini ai lavori di pulizia contribuisce alla presa di coscienza del fatto che ciò che si sporca va pulito e lasciato in buone condizioni per le future generazioni. Incredibilmente normale e rivoluzionario…